
Ammaccato, ansimante e contraddittorio. Ma in testa.
Alla sosta di ottobre, dopo il primo massacrante giro tra Europa e Italia, il Napoli piazza la bandierina in vetta alla classifica.
Diremo delle difficoltà, degli infortuni e dei dubbi tattici ma prima di tutto va ricordato che i campioni d’Italia sono lì dove tutti pensavano che sarebbero stati, pur senza il suo centravanti-totem su cui si è poggiata la manovra dello scudetto (Lukaku), senza la coppia di centrali titolari ( Rahmani-Buongiorno) e con il miglior giocatore dello scorso campionato (Mctominay) ancora lontano dalla forma migliore.
Il calcio non è matematica, ma i margini di miglioramento di questa squadra appaiono ampi e lasciano intravvedere prospettive rosee, soprattutto se scrutate dalla cima del campionato.
Alla terza partita casalinga contro una “piccola” il Napoli lo ha definitivamente capito: al Maradona, sopratutto dopo le fatiche di coppa, ci sarà da sudare. Gli avversari oramai hanno compreso che l’unico modo per provare ad arginare gli azzurri è attenderli al limite dell’area, fare tanta densità in mezzo e provare a ripartire velocemente in contropiede sugli esterni.
Il piano di Vieira ha retto magnificamente per un tempo poi il Napoli è esondato da ogni parte e alla fine il punteggio sta anche stretto agli uomini di Conte.
Per 50 minuti circa però si è vista la peggiore versione del Napoli dalla trasferta di Como a questa parte: una squadra lenta, incapace di dare ritmo al giro-palla e terribilmente distratta sulle ripartenze genoane. A Vieira è bastato piazzare Masini e Frendrup a fare legna davanti alla difesa e lanciare Ellertsson e Norton-Cuffy in campo aperto per spiazzare il 4-3-3 azzurro: proprio una pessima difesa di Olivera sull’esterno dominicano ha propiziato il vantaggio rossoblu con lo splendido tacco alla Bettega di Ekhator su dormita di Beukema. È cominciata a quel punto a farsi strada la sinistra consapevolezza che negli ultimi tempi il Napoli stia prendendo gol alla prima occasione degli avversari: una circostanza che non potrà far piacere ad Antonio Conte che sulla solidità difensiva ha costruito uno scudetto e un’intera carriera.
Il Napoli era partito con il ritorno al 4-3-3 ma Neres, peraltro schierato a sinistra, è apparso lontanissimo dall’esterno decisivo dello scorso campionato, ragion per cui alla fine il Napoli ha provato a creare sempre e comunque a destra con Di Lorenzo e Politano. L’ingresso decisivo di Leonardo Spinazzola ha riportato di nuovo la bilancia del Napoli sulla sinistra e non è un caso che entrambi i gol siano nati da quella parte.
E poi, ovviamente, Kevin De Bruyne e Rasmus Hojlund, l’oro di Napoli in questi 5 giorni di emozioni forti.
Il fuoriclasse belga ha letteralmente cambiato l’inerzia della partita con il suo ingresso, spaziando in continuazione dal centro verso sinistra e squarciando la difesa ligure. La sua connessione con Hojlund sta iniziando ad essere un fattore, guardare il gol annullato per fuorigioco per credere, ma il danese ieri è stato bravo a cantare (tre gol in cinque giorni) e portare la croce (ha preso falli e cartellini) ed è sempre più a suo agio con tutta la squadra.
Ancora una volta Frank Anguissa è risultato decisivo sottoporta, e ancora una volta ha mostrato di essere un diesel: macchinoso e impreciso nel primo tempo, dominante dall’ora di gioco in poi.
In tutto ciò passa quasi sotto silenzio quella che sembra essere una scelta chiara di Conte: Milinkovic-Savic ancora titolare dopo lo Sporting, sembra essere qualcosa di più che una casualità. Il lancio millimetrico per Spinazzola (che stop…) che ha dato il via all’azione del primo gol e i rinvii lunghissimi alla ricerca della testa di Hojlund o McTominay sono lì a dimostrare che con il serbo in campo il Napoli ha trovato una nuova efficace soluzione di gioco.
Ci sarà ora da capire l’entità degli infortuni di Politano e Lobotka, due degli insostituibili di Conte che hanno pagato proprio questa loro prerogativa: quello dei guai muscolari rischia alla lunga di diventare un tema di discussione, anche perché il Napoli ha una rosa ampia che il suo condottiero dovrà essere bravo a saper sfruttare.
Dalla ripresa del 18 ottobre gli azzurri saranno attesi da 7 partite in 23 giorni e molti si porteranno dietro un paio di partite in nazionale e qualche ora di volo: sarà quanto mai necessario dare spazio a tutti e far rifiatare chi ne ha bisogno.
Perché è vero che “Amma faticá Again” ma
il Napoli ha tutta l’intenzione di sorridere alla primavera con una tavola apparecchiata da tante prelibatezze e si sa, dove c’è gusto non c’è perdenza. L’importante è arrivare sani alla meta.



