Napoli-Genoa (2-1): il Maradona spinge, soffre e gioisce

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La domenica napoletana ha il ritmo dei cori e il profumo del caffè che scende nelle tazzine dei bar attorno allo stadio. È la classica giornata in cui calcio e città si fondono, in cui la partita è solo il punto centrale di un racconto che comincia molte ore prima.

Prima della partita: attesa viva, cori che riempiono Fuorigrotta

Fin dal primo pomeriggio, Fuorigrotta è un fiume azzurro. Famiglie con i bambini sulle spalle, motorini con sciarpe al vento. C’è la consapevolezza che contro il Genoa non sarà una passeggiata, ma anche la voglia di spingere la squadra verso un altro passo importante.

Il primo colpo è rossoblù

La partita si accende al 34’: contropiede rapido, Ekhator trova lo spiraglio giusto e con un colpo di tacco beffa Milinkovic-Savic. Un silenzio improvviso avvolge il Maradona. Ma le bandiere non si abbassano, le sciarpe restano tese: i tifosi rispondono alla doccia fredda con la voce. È una fede che non si piega.

La spinta della curva e la rimonta

La ripresa comincia con un Maradona che canta ancora più forte. Il Napoli cambia pelle: al 50’ il cambio forzato di Politano con Kevin DeBruyne, lasciato in panchina dal 1’, e di Spinazzola per Olivera, ogni recupero palla è accompagnato da un boato, ogni affondo da un coro. Al 58’, arriva il momento della riscossa: Anguissa si inserisce con tempismo perfetto e infila, di testa, il pareggio. L’esplosione sugli spalti è immediata, liberatoria: abbracci, urla, occhi lucidi. È il gol che riaccende tutto.

Poi, al 75’, ci pensa lui: Højlund. Pronto a scaricare in porta un tiro violento e preciso, su una ribattuta corta del portiere Leali su una precedente conclusione, da dentro area, di Anguissa. L’attaccante danese, alla sua 4^ rete in azzurro, ancora una volta protagonista della serata, solo poco prima aveva insaccato, rete poi annullata, su un passaggio filtrante di KDB ma il rosso belga era in fuorigioco di mezzo metro. Il 2-1 è accolto come una promessa mantenuta: la curva è un muro di cori, il resto dello stadio si trasforma in un’unica voce.

Dopo il triplice fischio: gioia e appartenenza

Quando l’arbitro fischia la fine, i tifosi esplodono in un applauso corale. La squadra si raduna sotto la curva, Conte applaude i suoi uomini, e tutto lo stadio canta Napoli, Napoli con la solennità di un inno. Fuori, l’atmosfera è quella delle serate felici: la gente che racconta i gol appena visti come fossero storie epiche.

Una vittoria vissuta con il cuore

Napoli–Genoa 2-1 non è stata solo una rimonta. È stata una giornata in cui, in cui la squadra e la città hanno pulsato insieme. Dai cori prima del match al boato finale per i gol di Anguissa e Højlund, passando per la paura dopo il vantaggio genoano, il Maradona ha vissuto una di quelle partite che restano nella memoria collettiva.

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